Come spingere la propria passione per la danza più in profondità? Trattenendo il respiro e tuffandosi nell’acqua azzurra di una piscina. Così fa Lucia Natale, performer e coreografa subacquea che ha ideato il primo workshop di danza in apnea realizzato in Italia.

La gioia di danzare e il benessere che si prova immersi nell’acqua: wow, mi son detta! Incuriosita da questo workshop che stupidamente non ho fatto (mi mangio le mani!) ho contattato Lucia convinta di farle giusto qualche domanda su cos’è la danza in apnea, che competenze servono, quali sono le difficoltà di questa disciplina, se è possibile farla da adulti senza esperienze precedenti.

Nel tempo che Lucia mi ha dedicato ho scoperto una straordinaria storia di passione e determinazione, raccontata con tanta dolcezza e disponibilità. E mi sono convinta di una cosa: quando dico che la danza è per tutti e non è mai troppo tardi per danzare dovrei andare più a fondo…

L’intervista a Lucia Natale è una storia ispiratrice di grande forza, ma attenzione: la lettura di questa intervista può provocare la coloritura nelle tonalità di blu e azzurro dei tuoi sogni di danza.

 

Lucia tu sei danzatrice, apneista indoor e operatrice olistica. Nella tua vita è entrata prima la danza, l’apnea o lo yoga?

Il primo incontro è stato con l’acqua, direi che l’acqua è il mio elemento da sempre. Ho fatto per anni nuoto e nuoto sincronizzato, ho allenato una squadra di nuoto sincronizzato e ho insegnato ai bambini. Questi sono stati i miei primi lavoretti. Dopo c’è stato un lungo stop dovuto ai miei studi in Giurisprudenza.

A che età hai frequentato il tuo primo corso di danza?

Professionale o amatoriale?

La prima volta nella vita che hai messo piede in una sala di danza come allieva.

A 20 anni. Era un corso amatoriale, frequentavo corsi del CUS a Torino mentre facevo l’università.

20 anni! A vederti danzare pensavo avessi iniziato da bambina. A che età ti sei approcciata a corsi di danza professionale?

Sono approdata alla mia prima accademia professionale di danza a 27-28 anni. Ero davvero grande per gli standard della danza professionale.

Quindi né l’apnea né la danza erano carriere che sognavi da piccola…

Esatto. Dopo la laurea ho praticato in uno studio legale per 4-5 anni. In quegli anni il lavoro si prendeva gran parte delle mie giornate e non riuscivo più a incastrare tutte le cose.

Ad un certo punto, intorno ai 29 anni, ho fatto quello che chiamiamo il salto nel vuoto. Non mi sentivo più bene. Nonostante mi piacesse il mio lavoro ho capito che non era il mio, non lo sentivo nella pancia.

Io seguo più la pancia che la testa. Mi sono licenziata dallo studio, ho ripreso alcuni brevetti che ormai erano scaduti e ho ricominciato dall’acqua. All’inizio è stato allucinante… lasciare il lavoro per cui avevo studiato e ricominciare da zero in un settore che avevo bazzicato da giovane è stata dura.

Hai sentito condizionamenti dovuti all’età in questa tua scelta?

Beh, il salto nel vuoto ha avuto un risvolto emotivo importante. Mi sono ritrovata a chiudere un capitolo quando ero già grande. Avevo 29 anni, un’età in cui la società ti considera già praticamente finito, quindi ho dovuto lavorare molto sulla mia testa e convincermi che effettivamente potevo farlo.

Ho ricominciato dall’acqua, che è il leit motiv, il filo rosso dei miei percorsi. Dopodiché ho ricominciato con danza.

Quella decisione è stata bella tosta. A differenza della parte acqua in cui sostanzialmente non c’è un’età per ricominciare, nel settore della danza è molto dura. È un mondo che ti cataloga come “grande”, una che non può fare certe cose. Anche entrare in alcune accademie o compagnie è difficile, c’è certamente un pregiudizio legato all’età.

Basta vedere come sono impostate le classi nella maggior parte delle accademie: solitamente ci sono un corso propedeutico, i corsi per bambini e i corsi per ragazzi. Alcune accademie offrono anche corsi per adulti, ma sono ancora poche. Più spesso c’è un corso open rivolto ai professionisti a cui partecipano allievi di tutte le età, ma che sono già professionisti.

Puoi raccontarci il tuo percorso formativo nella danza?

La prima accademia che ho frequentato a Torino era un’accademia completa in cui si studiava musical, danza, canto, teatro. Io però frequentavo solo il percorso professionale della danza, che comprendeva stili diversi: classica, moderna, contemporanea, tip tap.

Dopo i primi mesi avevo già capito che volevo impegnarmi nella danza a livello professionale, o meglio a livello professionale per come ero io in quel momento.

Cosa intendi?

Io sono dell’idea che ognuno trova la sua professionalità in quello che è in quel momento lì della sua vita. È una convinzione che viene dal mio percorso olistico, che lavora molto sulla testa e sulle emozioni.

Continuiamo con il tuo percorso formativo

Dopo il primo anno in cui ho intrapreso il percorso professionale di danza ho avuto la possibilità di frequentare uno stage estivo di due settimane all’Accademia Kataklò di Milano. È stato uno stage intenso ma anche molto divertente durante il quale ho iniziato a studiare danza aeree e ho approfondito altre discipline come la danza contemporanea e la storia della danza.

Alla fine dello stage uno degli insegnanti mi ha chiesto di fare l’audizione per entrare in accademia e frequentare il percorso rivolto agli insegnanti.

In quest’occasione il fattore età ti ha frenata o motivata?

Sono stata buttata in questa audizione, per così dire. Era la prima audizione professionale della mia vita, in un’accademia super professionale. Quindi ti puoi immaginare, ero impanicata!

Adesso ricordo con divertimento quell’esperienza, ma l’audizione per me è stata atroce. Era la prima volta che mi approcciavo all’acrobatica e all’aerea. Ero preoccupatissima, sudavo tantissimo, ero pallida. Non avevo potuto preparare niente, finito lo stage mi hanno buttata dentro l’audizione. Non sapevo nemmeno come sarebbe stata impostata… ed era impostata in maniera MOLTO professionale. Entrava l’insegnante di danza classica, coprivano gli specchi, l’insegnante faceva vedere la variazione una sola volta a destra e a sinistra e noi dovevamo rifarla. Stessa cosa per acrobatica.

Però è andata bene…

Sì, sono stata selezionata e ho iniziato il percorso con l’accademia Kataklò Professional Coach.

In quel periodo studiavo danza a Torino, circa 12 ore alla settimana, e un weekend ogni due settimane ero a Milano per le lezioni dell’accademia Kataklò, dalle 10 alle 19. È stato un percorso pesante, lungo più di due anni, molto esplorativo sia dentro che fuori. In particolare ho avuto due insegnanti di danza contemporanea che mi hanno fatto entrare dentro di me. Il lavoro con le rigidità del mio corpo è stato molto importante per me.

Contemporaneamente in quel periodo ho fatto un master di yoga. Ero già insegnante di yoga in quel momento, e ho deciso di aggiungere alla mia agenda già piena un master di una branca di yoga che va a lavorare sul rilassamento profondo. Si lavora molto sul respiro e si tengono le posizioni per tempi lunghi.

Queste due esperienze in contemporanea mi hanno fatta crescere tantissimo. Mi sono ritrovata faccia a faccia con tante cose di me che non mi piacevano, blocchi e rigidità su cui volevo lavorare perché avevo capito che se non ci avessi lavorato sia rimasta ferma.

Per rispondere alla tua domanda iniziale, se è venuta prima l’acqua, la danza o lo yoga, ti direi che di fatto acqua, danza e yoga si sono incastrate insieme.

Com’è stato studiare danza professionale “da grande”?

Per me è stato un mettermi in gioco importante perché ero finita in corsi e accademie con persone che studiavano danza da molto più tempo di me e quindi erano molto più brave. Questo mi ha motivata ulteriormente. Un po’ è dovuto a come sono fatta io caratterialmente: per imparare mi piace stare con persone che ne sanno più di me.

L’altro lato della medaglia è che entra in gioco la parte più emotiva e psicologica, in particolare il giudizio e la paura del giudizio degli altri, il tipico “io non sono capace”. Ci ho lavorato, ci ho lavorato con i percorsi che facevo già di yoga, meditazione e respiro.

La danza è stata ed è il motore che mi permette di esplorare tutti gli altri ambiti della mia vita, sia privata che lavorativa. C’entra sempre la danza. La danza e l’acqua. Sono sempre loro quando mi muovo.

Qual è stato il momento in cui hai capito che la passione per la danza e quella per l’acqua potevano fondersi in un’unica passione chiamata danza in apnea?

Circa tre anni fa, quando avevo alle spalle già qualche anno di danza a livello professionale. Nel corso di una settimana particolarmente pesante a livello personale ho sentito fortissimo l’esigenza di stare in acqua. Volevo stare solo sott’acqua. Il mio compagno Andrea è istruttore di apnea e atleta, così gli ho chiesto se potevo andare agli allenamenti con lui. Fino ad allora avevo fatto apnea solo al mare, come divertimento.

Dopo un po’ di tempo passato in acqua con lui e gli altri atleti Andrea mi ha regalato il corso di apnea alla Y40 di Montegrotto Terme (Padova), la piscina termale più profonda al mondo. Lì ho iniziando il mio percorso di formazione nell’apnea prendendo il primo brevetto.

Quando sono tornata a Torino ho deciso anch’io di iniziare l’agonismo di apnea. La gente mi considerava pazza, mi diceva “Aggiungi ancora un’altra cosa!”. Considera che in quel momento insegnavo, continuavo con la danza professionale e in più ho aggiunto l’agonismo di apnea che richiede come puoi immaginare un allenamento costante.

Come trovavi il tempo di allenarti?

Gli altri atleti si allenavano due volte a settimana, io riuscivo a farlo una volta sola ma in quella volta davo tutto. Nel primo anno di agonismo ho fatto quattro gare e ai campionati italiani sono arrivata sul podio. Per me è stato un traguardo importante. Ci ho creduto un sacco.

Dalle gare di apnea alla danza sott’acqua: com’è avvenuto il passaggio?

In quell’anno si è intensificato qualcosa che accadeva già prima dentro di me. Ogni volta che mi trovo davanti a uno specchio di danza io immagino sempre di essere in acqua in qualche modo. Già quando studiavo in accademia a Milano parlavo sempre ai miei insegnanti e alla direttrice artistica del mio desiderio di portare la danza in acqua. Anche loro mi dicevano “Sei fuori!” ma in verità mi spronavano a farlo.

A un certo punto anche questa cosa, che prima era solo nella testa, è scattata nella pancia. Nell’anno in cui ho iniziato a fare agonismo ho iniziato a muovermi sott’acqua, a creare dei movimenti miei. Dopo varie prove, fatte così per divertimento creativo e non per guadagnarci qualcosa, ho capito che volevo provare qualcosa di più impegnativo. Ho partecipato a un concorso di danza a Torino che quell’anno prevedeva una sezione di videodanza. Il video è stato realizzato interamente a mie spese, con un budget misero, grazie all’aiuto del mio insegnante Y40 e ad Andrea.

Quando dici misero immagino che sia misero paragonato al budget di produzioni televisive e cinematografiche, ma che in realtà si tratti di cifre importanti…

Esatto, è stato un gran sforzo per me!

Abbiamo girato due video, uno da sola e uno con passo a due assieme al mio compagno. Ne ho presentato uno solo al concorso e con quello ho vinto un premio. Ero contentissima e ho continuato a sperimentare cose mie finché mi hanno chiamata per girare un video con il campione di apnea profonda Antonio Mogavero per una produzione inglese che faceva la cover di una canzone degli Eiffel65. In quell’occasione non ho fatto solo la perfomer ma ho creato la coreografia subacquea. Dopo di quello è arrivato il video di Gianna Nannini.

A quel punto si è fatta strada in me l’idea di aprire questo mondo ad altre persone a cui piaceva quello che facevo. È vero che io lo faccio a livello professionale, ma anche chi ha un’altra vita e un altro lavoro può provare la gioia di danzare in acqua, perché no? Ci sono i corsi di danza per adulti, perché non può esserci un corso di danza in acqua per adulti?

Quest’idea si è concretizzata nel tuo primo workshop di danza in apnea che si è tenuto a marzo 2021 alla piscina Y-40È stato il primo corso in Italia di questo tipo, com’è andato?

Hanno partecipato sette persone, che è davvero un bel numero in questo periodo di restrizioni. Per alcune di loro il workshop è stata una vera manna dal cielo, un’occasione per divertirsi in un periodo difficile e di grande tensione.

Io venivo da una gravidanza. Ho iniziato a lavorare al workshop con lo staff Y40 durante il lockdown del 2020. Quando ho capito che la gravidanza mi richiedeva di prendermi del tempo per me ho messo da parte tutto tranne questo workshop perché ci tenevo tanto. Ci ho creduto, ci ho investito tanto tempo e tanti soldi. Ho deciso di portarlo avanti e il risultato è stato positivo.

Chi sono le persone che hanno partecipato?

Le persone che hanno partecipato erano tutte donne, di età diverse e quasi tutte alla loro prima esperienza sia di danza che di apnea.

Mi piacerebbe che alla seconda edizione partecipasse anche qualche ragazzo, ma so che sono restii. Quando metti la parola “danza” dentro qualcosa gli uomini si ritraggono subito.

 

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Quali erano le tue aspettative su questo corso?

Aspettative all’inizio ne avevo tante, soprattutto a settembre quando piscine e palestre erano ancora aperte. Dopo la chiusura delle piscine dovuta alla normativa covid ho lasciato andare le aspettative perché ho iniziato anch’io a patire del secondo lockdown. Privarmi dell’acqua mentre ero incinta è stata dura. Da quel momento l’unica aspettativa rimasta su questo corso è stato il divertimento.

Volevo che fosse un corso leggero, cioè ideato professionalmente, con una struttura ben precisa, ma che fosse per me e i partecipanti un corso da vivere in leggerezza, come una finestra di respiro in un periodo di chiusura.

Uso queste persone non a caso: le prime persone che sono arrivate al workshop mi hanno ringraziata e una di loro mi ha detto “Grazie per aver organizzato questa cosa, è stato come respirare dopo mesi di chiusura”. Ho fatto un sorriso dentro di me perché era proprio quello che volevo, volevo leggerezza, volevo condivisione di quello che io avevo imparato su di me.

Quali sono le caratteristiche del movimento sott’acqua?

Il lavoro sott’acqua, che sia camminata o un movimento complesso, è molto diverso rispetto al lavoro fuori dall’acqua. Sono tante le differenze.

Non tutti i movimenti di danza sono fattibili in piscina perché c’è la resistenza dell’acqua. C’è una gravità diversa rispetto a fuori dall’acqua. I corpi delle persone sono diversi tra loro: alcuni hanno un assetto positivo, altri un assetto negativo, per cui tendono a galleggiare di più o di meno. Sul cerchio non c’è bisogno di forza per tirarsi su.

A differenza di quel che si può pensare, danzare in acqua non è per niente semplice, anzi è molto faticoso anche per atleti abituati a stare in acqua per lungo tempo!

Le coreografie di danza in apnea vengono ideate a terra o sott’acqua?

Io di solito quando creo coreografie per l’acqua le creo a terra pensando già di essere sott’acqua. È questa la mia peculiarità, e per questo mi definisco coreografa subacquea: so i movimenti della danza e so cosa succede in acqua, ho questo dono.

Lo chiamo dono perché tutte le cose che ho creato sott’acqua non le ho mai provate prima, le ho create soltanto nella mia testa pensando di essere sott’acqua.

Per il video della Nannini ad esempio non ho avuto possibilità di fare prove perché avevamo a disposizione la piscina per un tempo limitato. Prima di iniziare a girare, la coreografia io l’avevo soltanto immaginata.

A che profondità si può danzare al corso di danza in apnea?

Al corso base io faccio lavorare con i piedi a terra ad una profondità di circa 5 metri. Chi vuole più andare più a fondo. Il cerchio viene collocato a una profondità di circa tre metri.

Qual è stato l’aspetto più difficile nell’ideazione del workshop?

L’idea del corso è nata da tutto quello che io ho sperimentato su di me. La cosa che ho trovato un po’ difficile, ma preferirei chiamare sfidante, è materializzare quello che io avevo provato su di me. Un conto è provarlo su di te, tu sai le tue capacità, un’altra cosa è insegnare anche solo un saltello o un passo a due a persone che non l’hanno mai fatto sott’acqua.

Il primo workshop è stato molto istruttivo per me e credo che il prossimo corso sarà ancora meglio.

Secondo te quali sono le paure di chi si approccia per la prima volta alla danza in apnea?

Le persone che non hanno fatto mai nulla di apnea possono avere delle reticenze all’acqua, la più tipica è “Non so se sono capace di trattenere il respiro sott’acqua”.

Un’altra componente che si può innescare durante questo workshop è il giudizio con te stessa perché comunque c’è dentro la danza. “Non sono capace”, “Mi muovo come un bisonte”, “Guarda quella invece com’è brava”. Sono le stesse reticenze che scattano in una sala di danza, soprattutto quando è la prima volta che la fai.

La paura di stare sott’acqua passa velocemente, anche perché all’inizio si lavora a profondità basse. Per il “sarò capace”, il giudizio con te stessa e il giudizio degli altri ci vuole un po’ di più. Però passa anche quello.

Come hai aiutato le partecipanti al workshop a superare le loro paure?

Il workshop inizia con un modulo “prima esperienza apnea” che è tenuto da uno degli insegnanti Y40. Si tratta di un mini corso di apnea statica e dinamica che permette alle persone di capire come funziona il corpo sott’acqua. Già con questo modulo le persone iniziano a divertirsi in acqua.

Per quanto riguarda la paura del giudizio, come la fai passare? Ormai a me viene in automatico, non c’è un metodo che io utilizzo consapevolmente per far passare le paure, probabilmente è un modo o un atteggiamento che si è consolidato in me in anni di insegnamento di danza, di danze aeree, di yoga dovuto in parte all’esperienza di insegnamento in parte a come sono io di carattere. Sono una persona dolce e accogliente, probabilmente quello fa tanto nell’aiutare le persone a superare le paure.

Per raggiungere questo risultato ho dovuto lavorare un sacco su di me. Per essere un buon insegnante io sono convinta che sia necessario lavorare su se stessi. Se non cresci tu, se non superi blocchi, rigidità e limiti, non puoi far crescere altre persone. Non posso dire a un’altra persona “Non essere severa con te stessa e non ti giudicare” se io per prima mi giudico in continuazione. Non sono credibile. Posso dirlo a parole ma poi a livello di pancia non arriva agli altri. Quindi io ho fatto un lavorone su di me, è stato un percorso lungo.

Qual è stato il feedback delle donne che hanno partecipato al workshop?

Il feedback è stato bellissimo. Le ragazze si sono divertite moltissimo, hanno scoperto cose di loro che non pensavano di poter fare. Ad esempio chi aveva già esperienza di apnea ha potuto provare dei movimenti in acqua diversi da quelli che era abituata a fare e questo gli ha fatto vedere l’apnea con occhi diversi. In maniera simile chi aveva già fatto qualcosa di cerchio o di danza ha provato per la prima volta l’apnea e ha sperimentato un modo diverso di lavorare con il proprio corpo.

Potrei parlare con te per almeno altre due ore… ma so che hai una bimba piccola e tanti impegni quindi vorrei farti solo un’ultima domanda. Pensi che aver studiato danza professionale da adulti ti abbia aiutata nel tuo lavoro di insegnante?

Insegno anche ai bambini, ma ho un approccio che va molto bene con gli adulti proprio perché il mio percorso è iniziato quand’ero già grande, in un’età in cui si pensa che nella danza non puoi più fare certe cose o ti viene preclusa la possibilità di fare certe cose a livello professionale.

Per quanto riguarda il workshop di danza in apnea avevamo deciso di aprirlo a tutti, professionisti e non. Prima del corso speravo che si iscrivessero anche persone che non avevano esperienza né di apnea né di danza ed in effetti alcune delle partecipanti non avevano nessuna esperienza, alcune ne avevano poca, di questo sono stata molto contenta.

 

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Informazioni sui corsi di danza in apnea

Il prossimo corso di danza in apnea per principianti si terrà il 24-25-26 settembre 2021 18-19-20 febbraio 2022.

Per saperne di più tieni d’occhio il sito www.lucianatale.it o segui Lucia Natale sui suoi canali social: InstagramFacebookYouTube